La notizia del recente sequestro di 385 tonnellate di falso pomodoro San Marzano D.O.P. da parte del nucleo Antifrodi dei Carabinieri di Salerno, pronto per essere imbarcato nel porto Salernitano rappresenta una ulteriore ferita all’immagine di un prodotto che vede nel legame con il suo territorio la carta vincente per affrontare la sfida della globalizzazione dei mercati e delle produzioni. Un vero colpo basso alla tutela del made in Italy, ai coraggiosi sforzi per tutelare un prodotto con un marchio, una garanzia che potesse dare certezze al consumatore. E fa ancora più male sapere che il marchio che ha confezionato il pomodoro non è una sottomarca anonima da discount, ma l’azienda che si vanta di essere lo sponsor della nazionale di italiana calcio. Un colpo basso che francamente non ci aspettavamo. Si tratta purtroppo solo dell’ultimo episodio, purtroppo molti sono quelli che cercano di fare affari sui prodotti di qualità garantiti dal lavoro degli agricoltori italiani. Un inganno che complessivamente vale 60 miliardi di euro solo all’estero dove sono falsi 2 prodotti di tipo italiano su 3. Non è un caso che nel 2009 secondo le anticipazioni del rapporto Coldiretti/Eurispes sono state importate in Italia 161.215 tonnellate di pomodori preparati o conservati di cui il 52,9 per cento proviene dalla Cina, destinate per il 98,6 per cento del totale alla sola provincia di Salerno, patria del San Marzano D.O.P. Un flusso favorito da una legislazione ambigua che consente di fatto di etichettare come Made in Italy materie prime agricole importate dall’estero che lascia ampi spazi di opacità terreno fertile per l’illegalità. La proposta di legge in corso di approvazione al Parlamento che introduce l’obbligo di indicare nell’etichetta dei prodotti alimentari trasformati anche il “luogo di coltivazione e allevamento della materia prima agricola prevalentemente utilizzata nella preparazione o nella produzione dei prodotti” contribuisce a restringere il campo delle attività che, pur essendo di per sé lecite, possono attrarre più facilmente altri interessi criminali. Infatti, il semplice fatto di non poter più importare legalmente prodotti alimentari da qualsiasi paese, senza indicare successivamente in etichetta la loro provenienza o origine, rende relativamente più rischioso (anche per effetto di specifiche sanzioni) importare prodotti alimentari meno costosi, ad esempio da paesi esteri ove i controlli sulla salubrità del prodotto siano meno rigorosi che in Italia o in Europa, eventualmente al fine di mescolarli con prodotti locali ad elevato valore aggiunto, come ad esempio i prodotti Made in Italy, o anche solo per riciclare proventi illeciti.
Coldiretti, caratterizzandosi come forza sociale, sarà sempre al fianco dei produttori e dei consumatori, per innescare quei processi virtuosi che determinano il successo di iniziative come la costruzione di una filiera tutta agricola tutta italiana, unico vero progetto per l’agroalimentare italiano.
5 Novembre 2010
ALIMENTARE