Il business degli integratori alimentari, complici il poco tempo che si dedica alla preparazione dei cibi e il mito del benessere del corpo ottenuto senza fatica, è ormai più che una moda passeggera. La tentazione di mandar giù una pillola di speranza che curi acciacchi e sensi di colpa è sempre in agguato, grazie alla seduttività di campagne marketing martellanti che promettono meraviglie.
Ma si può decidere di non cedere alle lusinghe degli spot e andare “a vedere”, per dirla come i giocatori di poker. E, una volta scoperte le carte, il bluff è facilmente smascherato. Lo dimostrano i risultati di un test comparativo recentemente pubblicati dal mensile Altroconsumo su 14 integratori a base di mirtillo nero, generalmente ritenuto molto efficace nel curare occhi e circolazione; i risultati sono stupefacenti: in 3 dei prodotti testati il frutto non c’è proprio (ne è stato utilizzato uno diverso e non riconoscibile) mentre negli altri il quantitativo massimo di antiossidanti – antocianine – che si raggiunge è di 72 milligrammi per dose massima, laddove un succo di frutta al mirtillo di marca industriale può arrivare a contenerne quasi il doppio (139 milligrammi). A che serve quindi ingerire un prodotto di sintesi?
Secondo gli esperti, tranne in caso di deficit di assorbimento di sostanze nutritive, l’uso degli integratori è semplicemente inutile; il comportamento corretto è consumare – all’interno di una dieta globalmente sana – il prodotto fresco, che conserva intatte tutte le proprietà nutritive e benefiche. Nel caso del mirtillo nero, si tratta di sostanze che combattono l’invecchiamento e i radicali liberi, come del resto accade anche per tutti gli altri frutti rossi.
14 Aprile 2011
BUSINESS DEGLI INTEGRATORI ALIMENTARI