27 Ottobre 2011
Coldiretti denuncia: “Lo Stato italiano ‘vende’ la bresaola uruguaiana”

Lo Stato italiano promuove le vendite all’estero della bresaola uruguaiana ma anche la finocchiona, il salame toscano e il culatello prodotti negli Stati Uniti e venduti a New York dalla salumeria Rosi del Gruppo Parmacotto il quale ha appena stipulato un vantaggioso accordo che prevede un investimento di ben 11 milioni di euro nel proprio capitale sociale da parte di Simest, una società per azioni controllata dal Ministero dello Sviluppo Economico con la partecipazione di privati.
Lo ha denunciato il presidente della Coldiretti Sergio Marini al Forum Internazionale dell’alimentazione di Cernobbio nella sessione dei lavori dedicata alla legalità come fattore di crescita alla quale sono intervenuti Giovanni Fava, Presidente Commissione Parlamentare di Inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale, il magistrato Donato Ceglie, Cesare Patrone, Capo del Corpo Forestale dello Stato, e Paolo Russo - Presidente Commissione Agricoltura Camera Deputati.
 Il presidente Sergio Marini ha mostrato il culatello prodotto con carne statunitense a marchio “Salumeria Biellese” e la bresaola uruguaiana a marchio Parmacotto  risultato dello shopping effettuato dalla  task force  della Coldiretti alla Salumeria Rosi a New York, 283 Amsterdam Avenue. Si tratta dell’importante punto vendita del gruppo Parmacotto che lo scorso 12 ottobre ha ricevuto l’impegno di un finanziamento pubblico da parte della Simest finalizzato “al potenziamento della struttura produttiva e del processo di internazionalizzazione verso i mercati target, con particolare attenzione agli Usa, Francia e Germania, dove il Gruppo mira a consolidare la propria presenza”. 
Non è politicamente accettabile che lo Stato, che rappresenta tutti i cittadini italiani, finanzi direttamente o indirettamente la produzione o la distribuzione di prodotti alimentari che non hanno nulla a che fare con il tessuto produttivo del Paese ma che anzi - sottolinea Marini - fanno concorrenza sleale agli imprenditori impegnati nell’allevamento e nella produzione in Italia. In un momento di crisi si sprecano soldi per favorire la delocalizzazione e non certo l’internazionalizzazione e si alimenta - sostiene Marini - il giro di affari dell’Italian sounding che si stima superi i 60 miliardi di euro l’anno (164 milioni di euro al giorno), cifra 2,6 volte superiore rispetto all’attuale valore delle esportazioni italiane di prodotti agroalimentari. Gli effetti economici diretti dell’Italian sounding sulle esportazioni di prodotti agroalimentari realmente Made in Italy si traducono, inevitabilmente, in effetti indiretti sulla bilancia commerciale, in costante deficit nell’ultimo decennio
 Un danno per le imprese e un danno per il Pese. Quello che è piu’ grave è che la finanziaria di Stato rimane “reticente” anche dopo le denuncia pubblica che – ricorda Marini – abbiamo presentato alla Commissione  Parlamentare di Inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale e al Ministero delle Politiche Agricole che ha addirittura istituito un tavolo di lavoro sulla vicenda dell’incredibile  acquisto di quote da parte della Simest della società rumena denominata Lactitalia.  Lactitalia ha sede in Romania e produce, utilizzando latte di pecora romeno e ungherese, formaggi rivenduti con nomi italiani (tra gli altri Dolce Vita, Toscanella e Pecorino). La presenza sui mercati internazionali di prodotti di imitazione del pecorino romano è la principale ragione della grave crisi che colpisce i pastori italiani e della quale lo Stato si è reso complice”.
 “Di fronte a questa situazione la Coldiretti – ha concluso Marini – si pone due domande: Perché lo Stato investe risorse pubbliche per divenire proprietario di un’azienda che fa concorrenza agli imprenditori nazionali evocando un'italianità dei prodotti in realtà insussistente? Quanti casi analoghi esistono e quali iniziative si intende adottare per porre fine a questa grave situazione che frena la crescita dell’agricoltura italiana e del paese?”.
Dinanzi alla clamorosa denuncia della Coldiretti la Simest si è trincerata dietro la considerazione che il progetto “è valido con tutti i requisiti di legge" mentre il presidente di Parmacotto, Marco Rosi, si è difeso invocando il fatto che la legislazione Usa non permette l'importazione di salumi italiani, augurandosi un impegno comune per revocare il divieto. 
“E’ assurdo ed immorale che lo Stato, in questo momento di straordinaria crisi, invece di investire per creare posti di lavoro in Italia spenda soldi di noi tutti per finanziare operazioni che creano occupazione all’estero per produrre cibi che imitano il vero made in Italy - ha replicato Marini -. Dovrebbe preoccuparsi piuttosto di facilitare la valorizzazione e le esportazioni dei prodotti fatti in Italia con lavoro italiano”.
 

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