La Lituania prende atto dei dati diffusi da Efsa l'anno scorso: un 68% di adolescenti tra i 10 ed i 18 anni beve energy drink abitualmente. Gli Energy drink sono bevande contenenti intanto un elevato livello di caffeina, e poi sostanze come vitamine, aminoacidi e erbe-che in sinergia dovrebbero-in base alle promesse di marketing-migliorare le performance cognitive e mentali, ma anche sportive.
Un primo problema evidenziato nel tempo, riguardava però il fatto che il marketing- spesso aggressivo- di molte aziende del settore ha come target non solo gli adulti, ma anche i giovanissimi - con problemi sia di sopportazione tossicologica di alcuni attivi (come la caffeina) sia di risposta comportamentale indotta (eccitazione).
Dal 2006 oltre 500 marche di energy drink sono disponibili sul mercato globale. Uno dei maggiori problemi degli energy drink riguarda però la loro associazione con alcolici.
Energy drink, i dati
In base ad una recentissima revisione della letteratura, anche quantità ridotte di caffeina- pari ad una tazzina di caffè, 50 mg- in soggetti sensibili possono causare palpitazioni, tachicardia, insieme ad altri effetti. A dosi maggiori, la caffeina provoca ipertensione, carente risposta all'insulina e diabete, fino all'arresto cardiaco.
Il vero problema sarebbe dovuto alla facilità di bere gli energy drinks rispetto al caffè: sia per la temperatura (il caffè caldo viene bevuto più lentamente, con una metabolizzazione altrettanto lenta della caffeina); sia per il marketing estensivo in particolare, riferito allo sport e attività fisiche impegnative, che in caso di consumi elevati, e in soggetti sensibili o predisposti, porterebbero a problemi cardiaci anche gravi.
Secondo una recente analisi di Efsa, in Europa, gli energy drink contribuiscono al 43% della ingestione totale di caffeina nei bambini, al 13% negli adolescenti e all'8% negli adulti. Un 30% degli europei consuma abitualmente energy drinks, mentre un buon 12% sarebbe soggetto a rischio, in quanto "consumatore ronico" (almeno 4-5 lattine a settimana), e un altro 11% "consumatore acuto") (almeno un litro consumato ogni volta).
Efsa nel 2009 aveva comunque negato effetti negativi dovuti all'interazione di taurina e gluconorolattone-due costituenti tipici degli enrgy drink come ipotizzato in precedenza. Tale parere aveva contribuito a far ritirare un bando in Francia- nazione da sempre molto critica su tali bevande.
Binge drinking
Un problema altrettanto grave negli ultimi anni è stato il cosiddetto "binge drinking", ovvero la sbornia del sabato sera. Accade sempre più frequentemente infatti che- sebbene in molti paesi UE i dati di consumo complessivo del vino a pasto calino, aumentino di pari grado i fenomeni di bevute compulsive durante il week end, fuori pasto (spesso in discoteca). Gli energy drink in tutto questo avrebbero un ruolo facilitatore: diminuendo infatti la sensazione di stanchezza o i sintomi apparenti della sbornia, darebbero una falsa impressione di lucidità- favorendo comportamenti a rischio (come guidare ubriachi).
La normativa UE
La normativa UE dal 2004 prevede informazioni in etichetta per gli energy drink con almeno 150 mg al litro di caffeina. Tale previsione è stata recuperata entro il regolamento 1169/2011 dell'Unione.
Inoltre, dal 13 dicembre prossimo sarà obbligatorio indicare in etichetta -"Elevato contenuto di caffeina- non raccomandato per bambini o donne incinta o che allattano", accompagnato dall'indicazione della quantità.
Tuttavia, mentre tale disclaimer è già legge, da tempo si stanno cercando di introdurre health claims sulla caffeina. In una delle ultime opinioni, Efsa ha risposto all'applcant (industria che aveva sottoposto propri studi) che servono almeno 75 mg per poter radicare gli effetti positivi della caffeina (ad esempio, sulle soglie di attenzione).
Se sembra ovvio che la differenza tra veleno e farmaco la fa la dose, diventa difficile dare informazioni chiare al consumatore, che invece, riguardo al cibo, ragiona spesso secondo codifiche "fa bene/fa male".
Caffeina e fisiologia
Un aspetto che sembra poi trovare crescenti conferme riguarda il fatto che vi sarebbero- entro la popolazione- "veloci metabolizzatori" di caffeina, e invece "lenti". La differenza nelle capacità escretive porterebbe di conseguenza a diverso carico tossicologico. Con i lenti metabolizzatori più esposti agli effetti negativi della caffeina: addirittura, 36% maggior rischio di arresto cardiaco per chi consuma 2-3 tazzine al giorno, e fino 64% per chi ne consuma oltre 4. Inoltre il rischio dipenderebbe dall'età- con i più giovani più a rischio.
Ma come scoprire di essere "a rischio"? Una risposta incontrovertibile si ottiene con i test di nutrignetica, che alcune università anche italiane cominciano a proporre. In alternativa, una regola empirica consiste nell'imparare ad ascoltare il proprio corpo: se dopo le 17 si beve un caffè e non si riesce a dormire, con tutta probabilità si è "lenti metabolizzatori"- in qualche modo, soggetti più a rischio.
fonte Sicurezza Alimentare e Produttiva Coldiretti